La morte ha il permesso by Edmundo Valadés

La morte ha il permesso by Edmundo Valadés

autore:Edmundo Valadés [Valadés, Edmundo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: SUR
pubblicato: 2017-03-06T23:00:00+00:00


SI RICHIEDE UNA FATA

Sì, ho già trentaquattro anni. Ormai mi trovo al punto in cui l’età si confonde per gli altri. Per sé stessi. Il sangue è fluito instancabilmente nelle mie vene, e a volte io sono fluito faticosamente nelle vene della vita. Molte cose sono rimaste lungo il cammino. Ma altre dapprima ignorate possono apparire. Ci sono già stati altri momenti in cui mi sono sentito perso, come se fossi morto. Dal poco che so e dal molto che conosco, capisco che per il seme umano che si getta nel terreno non c’è un tempo preciso per dare frutti. La cosa importante è che non un solo uomo vada perduto, che nessuna vita sia di troppo. L’universo interiore di ciascuno di noi possiede riserve quasi inesauribili. L’altro universo, quello che sta fuori, è prodigioso. Potrà finire per me, per te, ma continuerà a esistere per tutti gli altri. E se siamo stati capaci di essere uomini, continuerà ad abitare in noi, anche molto tempo dopo che crediamo sia tutto finito. Adesso però voglio parlare dei miei desideri. Fisserò lo sguardo su quelli che mi avvilupparono in passato, al tempo in cui il mio sogno più accarezzato era riuscire ad avere una fata. Una fata?

Ricorderò quello che mi accadeva tredici anni fa.

Sì, sono uno di quei giovani che hanno potuto raggiungere i ventun anni. Lunghe nottate in caffè di cinesi o in qualche mansarda, il posto più aereo dell’immaginazione. Camminare di notte e scoprire il mondo insieme a un amico. Scoprirlo? No, immaginavamo la vita, gli uomini, le idee, i sentimenti. Altri amici. Il mistico, il comunista, quello che sapeva soltanto picchiare, quello bravo a conquistare le ragazze, il cinico, il poeta. Tutti quei ragazzi erano la mia e la loro giovinezza, come io ero la loro. Tutti soli con la nostra febbre personale, estorcevamo rivelazioni con il sogno e il sangue brioso dei nostri ventun anni. Nessun maestro. Amicizie grandi, fraterne. Impazienza di distruggere, ansia di creare. E questo: ideali. L’impulso: trasformare il mondo. La speranza: fare del Messico un grande paese. L’indigeno. López Velarde. La patria. La borghesia. Il capitalismo. Il Messico. Dubbi. Certezze. Un giovane, due giovani, mille giovani, una generazione. E dentro di noi? Chi può calcolare il caldo impatto della giovinezza? Si vuole tutto, assorbire l’aria, la vita, la fama, l’amore, l’eroismo. Si vorrebbe diventare grandi, arrivare lontano. Essere uomini. Avere un monumento da vivi. Se nostro padre ci avesse domandato, come quando eravamo bambini, «Che cosa vuoi diventare da grande?», avremmo potuto rispondergli con superbia: «Voglio diventare un uomo più alto di te, più alto di chiunque altro».

Ma, e prima? Sei anni prima...

Ricorderò quello che mi accadeva diciannove anni fa.

Sì, compii quindici anni. Ero nella fase della crescita, magro, con la faccia cosparsa di acne e lentiggini. Isolato in una dolorosa timidezza. Leggevo furiosamente. Non avevo mai baciato una ragazza. Vivevo dentro un sogno lancinante, misterioso. Su un altro pianeta. In casa discutevano del mio futuro. «Sarà meglio mandarlo a lavorare, che impari a farsi uomo.



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